8 settembre “Effatà” – XXIII domenica del T. O. anno B Mc 7, 31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

Commento al Vangelo
Gesù è in terra abitata per lo più da pagani, è nella Decapoli ( in greco: territorio delle 10 città), terra da aprire all’ascolto del vangelo per poterlo professare: “Effatà, apriti”. La guarigione del sordomuto indica che la salvezza è per tutti, compreso per chi è in terra pagana. Anche se il brano parla di un sordomuto specifico guarito da Gesù, di fatto si riferisce a tutti i sordi e i muti della storia. Nel nostro contesto culturale, terra pagana, Gesù tocca le nostre orecchie e la nostra lingua, ci rende capaci di ascoltare la sua parola e di dire le meraviglie che opera in noi. Siamo spesso dei sordomuti. Le nostre orecchie sono piene del cerume fracassoso del mondo che ci impedisce un ascolto pieno della Parola e anche per questo la nostra vita non è capace di annunciare o testimoniare la nostra fede in Cristo, non dice il nostro bel rapporto con lo Sposo Gesù, siamo come muti. Apriti, affidati al suo tocco. Come in quel tempo, in terra straniera rispetto ad Israele, portarono un sordomuto a Gesù, così oggi la Chiesa, nella palese realtà di una scristianizzazione generale della società, ci conduce a Gesù e lui ci porta in disparte proprio per allontanarci dal frastuono del mondo e mette il suo dito dentro la nostra storia per renderla capace di ascoltarlo e di annunciarlo. L’andare a Messa è questo incontro bello. Gesù e il sordomuto, Gesù e noi, nel silenzio della piena comunione con lui, una comunione che ci dà la spinta ad uscire e gridare a tutti le meraviglie che il Signore compie non solo in noi, in modo che tutti dicano: “fa udire i sordi e parlare i muti”. In pratica è il racconto di un miracolo che si può ripetere in ogni momento della storia.

A cura dell’Ufficio catechistico diocesano