In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo. Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo».
Commento al Vangelo
Una folla numerosa andava con Gesù. Anche oggi c’è tanta gente che cerca Gesù, e lo segue. Interessante chiedersi il perché e il come del correre dietro a Gesù. Nel vangelo di oggi Gesù usa parole forti per chi lo segue, parla di odiare tutto il resto, lui che è misericordia, lui che è amore. Perché ti cerco, Gesù, perché ti seguo, cosa trovo in te? Mi hai sedotto e mi sento legato a te. E questo è bello, è appagante. Ma non sempre il mio essere in te è così esclusivo da essere capace di distaccarmi dalle cose, dai miei ritmi. Tutto sembra più importante di te. Sono spesso come Marta che corre e si affanna. O sono spesso come gli invitati alle tue nozze, ma i campi e i buoi mi frenano. A volte ti seguo per farmi togliere le croci di ogni giorno, perché ne sento il peso, perché sembra che mi schiaccino. Le mie croci: sono io stesso, sono mio marito, mia moglie, sono i figli, il lavoro, le sofferenze, la solitudine. Forse in te cerco miracoli, cerco sensazioni. Seguirti significa invece “odiare” e “prendere la croce”. Odiare le cose e gli affetti, odiare nel senso di non amare in modo esclusivo, in modo che ti escludino, come se tutto contasse più di te. E prendere. Le mie croci di ogni giorno, prenderle, abbracciarle e seguire te che ci insegni come farlo. È duro il tuo linguaggio di oggi? A poco a poco scopro che amandoti più di ogni altra cosa o persona, sento che tutta la mia vita è più dolce, comprese le varie croci che mi inchiodano: grazie che sei comunque con me e mi permetti di seguirti.
A cura dell’Ufficio catechistico diocesano