In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Commento al Vangelo
Gesù se ne va e lo Spirito è promesso. Il tempo dell’esperienza diretta e personale con Gesù è trascorso, ora è tempo di proiettarsi al futuro. Il futuro è la storia che viviamo, questa nostra storia fatta di sguardi verso il cielo, sperando in un ritorno di Gesù per una presenza tangibile. La speranza è quella di vederlo vivo e operante nelle nostre azioni che spesso brancolano nelle nebbie del vedo e non vedo. Sono passati 40 giorni dalla pasqua, una bella e lunga esperienza del Risorto che avrebbe dovuto spingerci gioiosamente fino ai confini della terra. L’invito rimane sempre quello: “perché guardate il cielo?”. Guardare il cielo ci serve per non dimenticare che quella è la nostra meta e forti della sua benedizione rimaniamo ancorati alla nostra storia e protesi al futuro. È il nostro tempo, il tempo della Chiesa, un tempo più o meno lungo come solo il Signore sa, il tempo di ogni battezzato, sapendo però che non siamo soli: Gesù c’è e anche lo Spirito c’è.
A cura dell’Ufficio catechistico diocesano